PUBBLICHIAMO VOLENTIERI QUESTO POST DEL CIRCOLO ARCI BALALAIKA DI UDINE
Luciano Lunazzi per la Bosnia
Ieri vi abbiamo informato della nuova iniziativa intrapresa con Luciano Lunazzi per raccogliere fondi per la ricostruzione di Majevac. Oggi per chi non conoscesse Luciano Lunazzi (pochi ) e per chi avesse voglia di conoscerlo meglio pubblichiamo una nota, sicuramente non esaustiva, ma che può aiutare a comprendere meglio questo poliedrico artista e lo spirito che lo ha motivato a sostenere la nostra campagna di raccolta fondi.
Luciano Lunazzi nasce a Chialina Valdegano (Ovaro) nel ’52. Emigra a Couvet (Svizzera) nel ’59 con tutta la famiglia. Finiti gli studi lavora come panettiere, mestiere che lo obbliga a vivere un’esistenza “capovolta”. Le difficoltà degli anni giovanili sono la molla potente che lo catapulterà nel mondo degli anni ’70, predisponendolo a vivere in modo totalizzante l’esperienza tanto agognata dalla new generation:la “libertà”; India, Afghanistan, Pakistan, Nepal, California, Messico,Guatemala, sud est asiatico, nord Africa, paesi Arabi, Australia, Grecia, Balcani, Germania … alla fine all’appello manca solo l’America del Sud. Lavora, viaggia, cambia il suo modo di percepire il mondo e il tempo; è un overdose di colori, sapori, saperi.
Dopo 25 anni di viaggi negli anni ’90 prende il via una nuova fase della vita di Luciano; già in Egitto ha iniziato a interrogarsi su cosa può lasciare a un mondo che è stato così generoso con lui: è saturo di colori,musica, immagini e sente il bisogno di restituire parte di ciò che ha ricevuto. È arrivato il suo momento di comunicare. In Germania inizia a “scarabocchiare” e dopo un anno e mezzo riparte alla volta della Spagna. Si ferma per un periodo ad Ibiza per poi stabilirsi a Barcellona nella Rambla e a questo punto del suo infinito viaggio Luciano ha un’idea precisa di quello che vuole fare: il pittore.
La scelta dei supporti su cui dipingere inizialmente è funzionale: costano meno delle tele e gli permettono di rendere accessibili economicamente le sue opere anche ai più giovani. Col tempo cresce in lui anche la necessità di ridare vita a ciò che è stato scartato che è non è solo il cartone, ma anche ciò che è stampato su di esso. L’utilizzo dei loghi che da manipolatori vengono manipolati. L’iconografia della società dei consumi viene stravolta e la maschera commerciale diviene maschera tribale. I giornali, i flyer, il vinile tutto viene assemblato e ricreato attraverso un pennello intinto in colori puri, rigorosamente acrilici, perché asciughino in fretta, per Luciano l’arte è una tale urgenza da non riuscire a sottostare ai tempi della pittura ad olio e poi la vita vera per quanto fatta di colori accesi non è patinata. Le sue opere sono rinascita attraverso un “caos” che è poesia, ironia, irriverenza e immaginazione. Luciano dipinge come parla senza sfumature, ponendo concetti chiari in mezzo a un “casino” che emergono appunto grazie alla baraonda. Anche nelle opere destinate a questo speciale progetto non viene tradita questo scelta, il messaggio è chiaro: HELP, PER LA BOSNIA, AIUTO ALLA BOSNIA.
Si è detto e scritto che Luciano Lunazzi si ispira a Keith Harring, a Jean Michel Basquiat, a Andy Wharhol, alla Indie Pop Art, alla pittura tribale africana e australiana, la realtà è che più che uno stile o di una tecnica nel suo caso si è inevitabilmente portati pensare a uno stile di vita: l’arte è espressione di quello che ha dentro, di quello che gli piace, è un portare fuori la bellezza disordinata che non riesce più a contenere. L’uomo di cartone (convertito per solidarietà alla latta) ha trovato una risposta alla domanda che si era posto in Egitto. La sua eredità è vita: “Sii contento di aver vissuto la vita, non di aver vissuto la paura della vita”… e c’è solo un modo per vivere la vita: generosamente. Grazie a Luciano e grazie a tutti coloro che seguiranno il suo esempio.